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sabato 22 luglio 2017

Festa

Non c'è nulla di più mainstream della festa. Eppure ne siamo tutti così attratti.
La via di fuga, più pura e semplice. La più raggiungibile e di conseguenza la più breve.
Composta da una serie di caratteristiche uniche e identiche. Le risate sono il cuore pulsante della serata e della vita stessa. I pensieri paiono sfiorarti fino all'esplosione finale, che si alterna tra interminabili bad trip oppure oscillazioni costanti tra la perfezione e il decadentismo.
Beviamo la notte, mentre le grida si espandono nell'aria cancellando le ultime formalità tra la razionalità e il resto.
La poesia della giovinezza, viene fotografata, in un film interminabile di sfumature decolorate.
Come se ogni cosa fosse avvolta dal filtro che sfuma.
Pixelati dalla droga in forme irrazionali. E non fate i bigotti per una parola inflazionata come droga, aprite il vostro pensiero all'interpretazione. Che non fa mai male e in secondo luogo va ad occuparvi un sacco di tempo vuoto, che altrimenti sarebbe immancabilmente noia.
La festa è un po' come la rissa. Non a caso sono molto spesso strettamente correlati. Quelle questioni d'amore odio, che ricordano l'attrazione inversamente proporzionale.
Ognuno ne parla, ma nessuno si schiera nel mezzo. O lo ami o lo odi. Che poi molto spesso chi ama odia e chi odia vorrebbe amare.
Esseri complessi.
In quell'accozaglia di personalità si può trovare l'oro. Perle di saggezza che ti ricordi a metà, ma che ti fanno strabuzzare gli occhi durante quei brevi momenti, invecchiati dal tuo sguardo. E da una memoria intenzionalmente vacillante. Meglio ricordare solo le emozioni forti.
Puoi conoscere persone che non rincontrerai mai, ma che forse per questo ricorderai bellissime come in quel momento. Prive dei giudizi che le sommergeranno dopo una conoscenza approfondita. Dopo un'analisi giudiziaria ed emozionale, destinata a passare di bocca in bocca, tra un momento morto e l'altro.
E questi momenti, presi uno alla volta, e legati tra loro in una pellicola tutta tua e personale, possono essere un sogno brillante, da raccontare tra una risata e l'altra a chi ti sta intorno. Regista delle tue personali vittorie. Il potere della festa, sta forse anche in questo. Nel fatto che sia così banale e decostruita. Che poi ci dimentichiamo della bellezza dell'osservare. Nascosto dal tuo presente, ma essendo spesso più vivo di chi ti sta intorno. Guardando ogni dettaglio, immaginando castelli di pensieri, fini a se stessi, ma così soddisfacenti in un quei brevi attimi, di godimento.
Sono piccole iniezioni di adrenalina, stimoli della curiosità. Perché è la curiosità il motore di tutto. La bellezza sta li, ad un attimo da te, e tu rimani li a guardarla in estasi, perché va bene così, anche per stasera.

venerdì 21 luglio 2017

Pionieri.

Non ero niente. Non sono mai stato niente.
Erano stupide frasi fatte. Non ho fegato, non ho voglia. Sono un codardo ideale.
Sono solo una marionetta che fa venire voglia ad altre persone di voler essere manipolate.
Ogni santo giorno mi alzo da quel letto del cazzo, mi guardo per qualche minuto allo specchio, penso a quanto sono fortunato e bello e vado a bere un po' di latte. Ci metto anche qualche biscotto dentro.
E poi e solo un susseguirsi di fulmini, che colpiscono la mia attenzione. Mi sento Alice nel paese delle meraviglie.
Comincia la paura del tempo. Le ansie, il prurito sulla pelle. Che bisogna grattare via, in silenzio. Nei momenti che associ al disagio. Non sono necessariamente cose schifose. Ma disturbanti.
Sconnessi dalla realtà, a contemplarla nella propria mente, costruendo un castello, privo di regole apparenti, dove ogni piccola cosa è illuminata.
Ma la luce è sconnessa, come in un film horror. E si può precipitare dal trash alle massime filosofiche alla rapidità della luce. L'anarchia, ma utopica come nella realtà. Per alcuni potrebbe tranquillamente essere una forma di psicosi. Ma a quel punto mi verrebbe da pensare che gli uomini oltre ad essere attratti dalla follia, ne sono addirittura gelosi.
A quel punto uno non può che pensare che siamo un diamine di virus. Almeno questo concediamolo, nel nostro paradiso zuccherato di menzogne.
Insomma come avrete compreso, sono le 20.41 di un normale venerdì di luglio. Io non sono nessuno, e voi siete delle persone annoiate, che sono attratte dalla mediocrità.
Sto ascoltando Cosmo, l'Ultima Festa, un pezzo che ha accompagnato tutto il mio scorso anno e che mi ricorda i fasti di quando ogni giornata, non era altro che una canna, accompagnata da corpose sorsate d'alcool e risate. Gli ultimi anni prima della responsabilità. Che poi si rimane degli indifferenti all'indipendenza reale, ma si comincia a percepire quel disagio esistenziale, del fatto di voler combinare qualcosa in questa difficile vita. E va a finire che fumi 15 sigarette al giorno. E cazzo ti viene il tumore.
Ma se la vostra vita così compressa è la cosa che assomiglia di più ad un tumore, come la mettiamo?.
Eh non è arroganza, ma semplice, arrogante e sporca verità.
Siamo una generazione confusa, difficile e indifferente. E questa profondità nascosta al posto di essere ostentata e custodita gelosamente e spesso viene esposta solo in quei rari ed apparenti momenti di distanza dalla vita.
Come se l'essere annebbiati ci concedesse il diritto di essere noi stessi, ora che non ci sente nessuno.
Sono tutti diversi, tutti peggio di noi. E quelli migliori accettati da noi.
Dei piccoli stronzi viziati. Forse unici.
Non ci stiamo dentro queste divise, siamo scomodi anche li. Come da ogni altra parte del globo. Tutti figli di programmi galleggianti tra il basso impero e i picchi dell'avanguardia. Con la velocità come guida primaria e l'abbandono del resto. Come se si fosse mai stabilito che cazzo è il resto, se non sappiamo neanche quando è ora di andare al cesso.
Siamo essere difficili, che adorano complicarsi nelle banalità per fingere di scorgere soltanto la vera bellezza. Perché vogliamo tutto, ma vogliamo desiderarlo, come se fosse impossibile da trovare. Così chi ai nostri occhi sembrerà viverlo davvero, diventerà un sogno, una storia da raccontare, un riferimento. E così nella nebbia, avremo anche una luce.
Che poi l'abbiamo messa noi quella nebbia, per sembrare un po' più alternativi.
E tra tutti gli ideali, scegliamo sempre la libertà e fingiamo dentro di noi di desiderare soltanto più diritti. Ma nella realtà dei fatti, rimaniamo li inermi, e non ci stacchiamo mai. Perché la comodità diventa abitudine e l'abitudine sicurezza.
E se c'è proprio una cosa che non vogliamo affrontare è la paura. Quella vera. Quella che ti costringe a dimenticare l'esistenza del riposo. Il riposo è quel momento di distacco dal ritmo frenetico da cui tenti di fuggire, canna dopo canna. E rimani soltanto più annoiato, ma a scorgere quelle piccole luci, quelle che tu stesso hai creato poco prima, costruisci la tua costellazione di sfumature che sai di aver gustato solo tu. Il tuo oro personale, che nessuno potrà mai comprare, ma al massimo conquistare.
E noi in fondo siamo soltanto degli strani, ma inimitabili, pionieri.

lunedì 17 luglio 2017

I don t Give a F

Siete soltanto polvere destinata a fluttuare senza uno scopo in preda al proprio caos.
Affascinati dall'irrazionalità, alla spasmodica ricerca di uno scopo. Ossimori che respirano, cercando di sciogliere la loro natura di figure retoriche.
Vogliamo essere Peter Pan per sempre, mentre inseguiamo la paura dalle nostre tane.
Ricchezza, prosperità che perdono di valore nel tempo.
Cerchiamo di abbagliarci o di scolpire trofei, nella speranza che siano gli altri a ricordarci, quando la metafora iniziale diventerà granito.
Un fottuto nuovo presente, scomodo, stretto, contrastante e psicologicamente deturpante per l'anima stessa. Sempre che noi, piccoli esseri di insiemi incalcolabili, ne avessimo mai davvero avuta una.
Una corsa senza fermarsi verso l'ego, una piccola droga giornaliera. Dopamina che trascina altra dopamina. Schiavi dei desideri e dalla voglia di non desiderare più nulla, un'anarchia emotiva.
Come se le catene fossero le cose materiali, quando anche un cieco saprebbe capire che sono le emozioni stesse. E chiusi nei nostri labirinti mentali, fuggiamo, fuggiamo, senza fermarci mai.
Dipingiamo storie senza inizio e senza fine, e ci scordiamo la parte centrale.
Siamo tutti macchiette che cercano di risplendere, perché siamo affossati dalla puzza di merda, del marcio che si scorge sotto la scorza dorata in decomposizione.
Non abbiamo mai capito nulla. E nemmeno io ci ho mai capito un cazzo onestamente.
Ma senza la dannata curiosità, che cosa c'è oltre noi?.
E che ci facciamo sempre le domande sbagliate. Dimentichiamo in fretta quei momenti di rara bellezza che incendiano la nostra anima, anche la dove non c'è mai stata.
Le seppelliamo nella speranza di trovarne una sempre più grande. Immensa. Così immensa da farci affondare nel suo scintillio. Incantati come se davanti al nostro sguardo ci fosse il sole.
Voglio scappare a Berlino e dimenticare ogni cosa, sotto i miei passi che schiacciano il mio passato, dimenticando che ho una vita, e delle responsabilità, tra un bicchiere e l'altro, tra un paio di labbra carnose che azzannano le mie. Mentre mi emoziono, ricordando di quando avevo paura.
E poi ricominciare così. Perché quando non mi prendo seriamente, godo e poi mi deprimo. E mi sento importante, perché mi sembra di capire l'universo prima di affogare nel mattino.
E la noia che mi passa tra le vene che mi ricorda che ventiquattrore per scandire una giornata, sono le uniche convenzioni per cui varrebbe la pena fare una rivoluzione. E questo perché gli idealismi sono soltanto un'altra droga. Siamo tutti così fatti, che tendiamo ad isolare i tossici più deboli. Come ci ha insegnato la storia.
Che poi tutti così drogati di ego e nessuno che capisce, che il vero ego, sta proprio nel farsi scivolare le cose addosso. Dando importanza soltanto alle cose belle. Le sfumature. Ma una sfumatura, non sberluccica.
Una sfumatura, è qualcosa di sacro. Una piccola parte di mondo, che incanta il tuo cervello, fino a spegnerlo. Fino a staccare la spina dell'ossigeno, fino a farti orgasmare in silenzio. Per ore, durante la notte e il giorno. Non respiri, dimentichi, e ricordi soltanto più quel momento.
La sensibilità è il vero lusso, non è per tutti.

martedì 12 luglio 2016

Bitches Bitches Bitches

Cazzo, cazzo, cazzo. La vita è come una pippata violenta di cocaina, appena ti scende ti vorresti lanciare rovinosamente contro il cemento e spiaccicarti proprio come uccidi quelle mosche del cazzo.
Non ero normale, no non lo ero per niente, mi piaceva correre, fumare una sigaretta dopo l'altra, riempire i miei polmoni di morte e mandare a fanculo qualsiasi forma di autorità.
E no cazzo non ero uno degli ipocriti che li picchiano anche alle manifestazioni, non me ne fregava niente di andare a manifestare. Secondo me erano tutti degli ipocriti per motivi diversi.
Forse vi sembrerà un giudizio, populista, quasi da psicopatico, ma in fondo gli psicopatici scopano no?.
I The Knack avevano aperto una fottuta diga mentale nell'oceano dei pezzoni che potevi spararti in endovena alle quattro di pomeriggio, mentre riempivi di ogni tipo di proteina conservata un po' di pane dal retrogusto alcolico.
Cazzo quanto fa schifo questo pane quando non è cotto.
La vita qua alla fine non era delle peggiori, anzi proprio per nulla, me la cavavo come tutti quelli che come me abitavano nel cosi detto interland della campagna.
Mucche odore di merda, canne al posto dell'ossigeno, un sacco d'alcool per farti macho, poca ma selezionata figa, un sacco di droga sintetica (lasciate stare quella merda, prendetela agli eventi se proprio dovete, vi buca la pelle come la frutta marcia e che cazzo non sono mica un emmental. ) gente che segue le notizie dei trattori ( no non sto scherzando cazzo).
Il cibo è ottimo ma come sempre per tutte le cose ci piacciono gli eccessi, quindi va a finire che tra una bistecca di fassone e l'altra la chimica ti trascini nei posti più infimi, dal burger king, ai sempre più forniti "Kebabbari" fino alle bancarelle da strada dove l'igiene è più o meno comune a quello delle mosche dopo che si sono fatte un bel bagno nella merda.
Insomma detta così tra uno slang e l'altro non sembra il top, ma alla fine questa generazione post punk è solo annoiata.
E la noia porta al trash si sa, è una cazzo di equazione. Non ne scampi.
Long Cool Woman in a black dress.
Sì cazzo,
Una cosa che non capirò mai è come gli americani, nonostante siano stati loro a inventare la globalizzazione, mangino ancora quella merda di burro d'arachidi quando possono mangiare della dannata nutella. E va bene che sono una popolazione di muscoli e droga ma questo non significa che dannazione devi avere necessariamente un gusto di merda.
Dannati fascisti.
Sapete crescere con un padre comunista in una società sempre più di destra è una strana contraddizione ti porta ad oscillare tra un Floyd Maywheather qualsiasi ad un Lenin dei peggiori centri sociali. Insomma un fottuto radical chic, ma a chi cazzo frega più di queste cose? Adesso sono tutti numeri e gli ideali sono finiti nel cesso trascinati dallo sciacquone come Elvis, il punk e il rock.
Dio ci salvi da tutto tranne che dai neri.
Cazzo ho sempre amato i neri, mi ci rispecchio.
Cattivi, bravi in qualsiasi cosa che sia d'istinto naturale, forti fisicamente, bravi come pochi a ballare, a cantare a divertirsi cazzo.
Lo vedi insomma sono neri, sono stati al caldo, vuol dire che volevano divertirsi cazzo, mica come noi, mozzarelline grasse come maiali, acquietate nelle loro guerre.
Spero che cazzo ci ammazziamo tutti a vicende e lasciamo questo povero mondo a chi si vuole divertire, rilassare.
In questo marasma di informazioni, vorrei anche farvi sapere che adoro l'arte.
Quanto cazzo è strano nascere. Quanto vorresti essere sempre stronzo, ma odiare tutti gli stronzi.
I vizi, sono la linfa di questa società e ci stanno trascinando con loro verso il fondo eppure nel nostro immobilismo quello che ci ha portati ad essere gli sdraiati secondo me, siamo solo stanchi delle delusioni e come facevano i nostri avi ci urliamo in faccia a vicenda e poi sotteriamo la realtà sotto questo telo di schifezze che ci allontanano da tutto.
Oppure ci svegliamo come tronchi cazzo, perché dobbiamo andare tutti veloci.
Ma vaffanculo e alcoltatevi un po' di Chubby Checker. Insomma se proprio volete rilassarvi meno un Soul Makossa qualunque.
E odio internet. Che è la vera droga di questi anni e anzi è l'unica cosa che veramente ci sta trascinando nel baratro.
Salta in continuazione e non mi permette di scrivere queste stronzate con costanza.
Cazzo dovrei scrivere a mano.
Oppure dovrei andare in palestra a curare il mio edonismo.
Quanto sono una contraddizione vivente.
Sono certo che nel 2020 tutti metteranno i pantaloni come MC Hammer.
E che Breakin Bad sarà paragonato a Star Wars.
Vorrei fare figli come George Lucas o che la gente per un motivo o per un altro si ricordasse ancora dei Bomfunk MC's o degli Hercules and love affair.
Le marlboro ormai costano come una pizza secondo proprio perché tanto abbiamo perso la forza di urlare. O forse sarà che cazzo non ne abbiamo più di fiato.
Il massimalismo che ci assale mi sta inghiottendo cazzo, Perché va sempre a finire che la varietà di opzioni si lascia contemplare ma mai toccare.
E questo è un cazzo di problema fratello lettore. Perché è così facile sulla carta passare da un Desiigner qualunque a dei cazzo di maestri come i Chemicals Brothers che capisci l'errore nel pronunciare solo le parole. E magari ci puoi fare un raffronto.
Diventerai un pittore o un cantante? O magari prima uno e poi l'altro? O magari ti metterai a fare vestiti? O magari farai il politecnico per poi lavorare come ingegnere da Louis Vuitton ? Cazzo.
Lo vorrei fare io l'ingegnere da Louis Vuitton.
Ma poi sai come andrà a finire? Uscirai andrai dal tabaccaio comprerai un pacco di sigarette, farai quattro passi, arriverai al parco a sentire il profumo dell'erba per poi fumartene altra di erba, rifletterai sui colori del mondo e sul perché la stai fumando da solo perché cazzo ci andrai sotto e tornare a casa sarà più o meno come fare una salita al quaranta per cento di pendenza. Ma per fortuna hai i Gorillaz nelle orecchie e ti sentirai protetto, ma starai molto meno simpatico al mio ex professore di disegno tecnico.
E persino l'interland italiano ti sembrerà figo come le cose sotto i neon lampeggianti alla Refn qualunque.
Lose yourself to dance ragazzo.
Io ormai mi sono già perso e non vedo l'ora di crescere ancora un po', per perdermi di nuovo, nelle incertezze e nelle paure.
Perché cazzo siamo dei pezzi di carne ma proviamo un sacco di emozioni così tante da non essere capaci di spiegarle neanche adesso che potremmo trapiantarci qualsiasi parte del corpo persino cambiare sesso dannazione.
E non possiamo spiegare, possiamo solo vivere. Non sono neanche così sicuro di volere la così tanto agoniata libertà.
Forse me la voglio comprare, come la mettiamo? Siamo tutti merde? Facciamo tutti schifo? No, siamo solo delle bestie che non hanno mai capito in cosa si sono trasformate e continuano ad andare avanti e basta.
Un po' come Amsterdam. Un luogo che non ha una spiegazione eppure interessa a tutti tranne che agli olandesi.
Non avete idea di quanto My House degli Hercules and love affair possa cambiare la luce della vostra giornata.
Ecco una cosa che tutti dovremmo cominciare a saper fare e stare un po' più da soli.
Magari così capiremmo che diamine se quello fa tanto schifo a tagliare le cipolle io forse faccio davvero cagare a lavare i peperoni.
Ma poi dicono che sei depresso. O che te la tiri. Però in fondo è vero me la tiro, quindi cosa dovrei dire?. Me ne sto zitto e annuisco. Quello che si dovrebbe fare sempre se qualcuno dice la verità. O se anche non lo fa cazzo piuttosto fumati una sigaretta. O se ti ha fatto davvero sclerare una canna.
Cioè chiaro che se qualcuno ti inneggia al razzismo o a quando c'era lui, insomma siamo nel 2016 anche io sommo scrittore misterioso ti do il permesso di mandarlo a fanculo.
Sto divagando lo so, vi siete persi tra una canzone, un po' di droga e vi manca il sesso.
Avete ragione. Ecco il sesso sarebbe importante se al posto di usarlo a piccole dosi dipinte nella nostra testa, ne facessimo tanto e tra persone. E invece no, ne facciamo un sacco, ma tutto meno che nel letto e con qualche persona. Cioè va bene Asa Akira ma vi assicuro che un culo dal vivo e tutta un'altra cosa. O un cazzo, una vagina insomma cosa volete. Anche qui Cristo siamo nel 2016.
Però siamo tornati li.
Chi siamo? Perché lo facciamo?.
Ma facciamo e basta no?.
Magari, sai quanti soldi dallo psicoanalista in meno, Però oddio se poi vieni cresciuto in libertà assoluta e diventi Lars von Trier quasi quasi preferisco le migliaia di sedute dallo psicoanalista. O forse no, è un po' bruttino effettivamente.
Sono superficiale? Forse sono solo onesto. Non come lo specchio, ma quasi.

lunedì 27 giugno 2016

Jodorowsky, Céline, LvTrier, Polanski, Lynch, Mio padre.

Sono scivolato per centinaia di chilometri senza riuscire più a respirare. Quando sei conscio dell'affondare, nei sei ebbro fino al midollo.
Nel mio nichilismo c'è la mia rabbia, la mia delusione e la mia intelligenza. Questo mi spaventa davvero, mi spaventa più della morte e della mia stessa vita.
Sono rimasto incatenato e non riesco ad essere libero nemmeno nei miei sogni, oscurato dalle mie paure.
Vorrei volare e sparire nello stesso momento.
Non sono niente ma vorrei essere tutto, e per questo non mi muovo, non comincio a correre nel deserto delle mie illusioni, ma le guardo da lontano, poco nitide, ma così belle, calde e perfette, da lasciarmi immobile, granitico, a osservare questo mare di menzogne.
Lasciatemi solo a camminare, a sentire il profumo, a toccare, a sfregare, a perdere ogni centimetro sotto i miei piedi, ad affondare, a risalire, a ballare, a scopare, a fumare la mia stessa vita, per non tornare più indietro almeno questa volta, per sentirmi vivo fino in fondo.
Perché so che anche questa volta, sarò io a perdere. Perché non è mai esistito nessun vincitore, siamo tutti polvere che si adagia su quella menzogna.

venerdì 15 aprile 2016

Plastica e silenzio I

C'era un odore pungente, familiare ma allo stesso tempo distante, quasi disgustoso che avvolgeva l'intera stanza. Credo fosse portato da queste canne che riposavano spiegazzate sul posacenere trasparente, venato di un colore che mi ricordava le sfumature arancioni del deserto, come se la terra battuta si fosse mescolata con il vetro,
Ero solito perdermi in periodi infiniti, capaci di descrivere figure stilizzate che prendevano forma nella mia testa, irascibili come la loro creazione. 
Il perdersi credo fosse una costante della mia generazione, uno step successivo alla semplice adolescenza, una sorta di teca capace di isolarci con una costanza disarmante da ogni cosa. Come se fossimo costretti a rimanere incompresi, soli. Questo credo poiché nessuno aveva più la necessita di ascoltare, e in questa gara contro la vita non era più possibile dare poco peso al tempo.
Era per me difficile pensare che fosse un pensiero comune.
Io concepivo la paura, ero consapevole della sua importanza e spesso ne ero avvolto, fino a perdere il controllo, ma questo no. 
Avevo passato 3 anni da sociopatico, raccogliendo tutte le informazioni che riempivano quel desiderio, che solo dopo avrei chiamato novità intellettuale, per poi scoprire che le persone da cui mi tenevo così distante bramavano quel tempo che io stesso ero convinto di aver buttato in questo mio isolamento forzato. 
E anche oggi mentre guardavo le piante rigogliose davanti a me cercando di capire la provenienza del colore di quel posacenere non riconoscevo altro che un susseguirsi di nuovi punti di domanda davanti alle risposte appena scoperte, 
Un altro concetto che mi era altrettanto caro: il galleggiare universale che avvilisce l'uomo. Lo incatena eppure lo fa amare fino a ferirlo. 
E anche se trovavo sfogo nella creatività e nella convinzione che la creazione spontanea fosse la vera soluzione, rimanevo come tutti gli altri a galleggiare affascinato da ogni cosa prendesse forma di fronte a me in un semplice momento di euforia.
Proprio per questo oggi ero rimasto così, con le gambe incrociate a fumare fermo seduto a terra e a osservare a lungo quel quadro appeso sulla parete, un ricordo caro che come una scintilla aveva aperto una voragine di considerazioni.
Ero lì sognante ma stagnante a osservare e in un certo senso ad ascoltare l'universo.
Il quadro non era astratto eppure non era incanalato in nessun canone critico, c'era e basta e per questo esisteva.
Al centro vi era un castello formato da  triangoli e spirali che come in un polpettone si amalgamavano grazie ai loro contorni plastici e creavano una sorta di castello per l'appunto con le ruote.  C'era una finestra anch'essa di forma triangolare nella quale era presente un uomo privo di espressione con una corona sulla sua testa formata da tre semplici punte e due gemme di diversa posizione disegnate in verticale, e simmetricamente sotto un cane anch'esso stilizzato ma disegnato con una fattura differente come a voler concentrare chi osserva li sulle sue forme sinuose. 
Non c'era una spiegazione sul perché quel quadro apparentemente fosse così importante, ma io potevo percepire la storia che trasudava, come se in quel singolo oggetto ogni cosa che lo avesse attraversato fosse rimasta lì ferma e immobile.

venerdì 28 agosto 2015

Sceneggiatura

Fermo immagine, camera che avanza: donna nuda siede in mezzo alla stanza, pelle diafana, capelli neri; piange. Dissolvenza.
Punto di vista posto sul soffitto della stanza, nel letto una donna geme sotto un uomo; cambio di scena: l'uomo esce dal motel, si aggiusta il colletto, il suo sguardo è vigile. Dissolvenza.
Nero. Ricompaiono non definiti il blu e il rosso, la scena si schiarisce: macchine della polizia davanti ad una casa residenziale, un detective beve caffè, l'uomo della scientifica fotografa. Cambio scena.
Pareti insanguinate. Un coltello piantato dentro un'anguria, una cerata bianca copre le forme di un corpo. Stacco, inquadratura sul documento delle indagini: donna bianca, caucasica, capelli neri. Segni particolari: -. Deceduta alle 3:07. Causa del decesso: ignota. Dissolvenza.
Ripresa dall'alto, veduta di un ponte. Lentamente l'immagine si approccia al terreno, nell'inquadratura appare un uomo rivolto al mare. Guarda le acque nere, sguardo assente, non possiede le scarpe. Scavalca la ringhiera del ponte. Guarda giù di nuovo. Stacca le mani, perde momentaneamente l'equilibrio, lo recupera. Guarda giù. Riscavalca la ringhiera. Si incammina. Dissolvenza.
Videocamera nascosta, sala di riprese degli studi cinematografici. Un regista siede corrucciato, una donna stanca tenta di piangere, il cameraman osserva ferale il corpo nudo di lei. Il regista sbraita. La donna si rifugia nel camerino. Pausa. Set buio, il regista siede e pensa. Pensa al suo film, pensa all'uomo, pensa alla donna, e poi.. Dissolvenza.
Fermo immagine. Una camera da letto, una cucina, un bagno o un ufficio fungono da set. L'attore principale per la scena è ognuno di noi, Uno ride. Uno ha paura. Uno chiede scusa ma è finto. Uno sta facendo l'amore mentre tradisce la moglie. Uno vuole uccidere il capo, uno sta scappando. Uno sta per rovinare il proprio figlio. Uno si droga. Uno sfila sulle passerelle dell'alta moda ma è anoressico, uno legge senza comprendere. Uno sta per morire, l'altro è appena morto.
Uno, invece, ha appena toccato la felicità.

E allora dissolvenza.